Qualche tempo fa scrissi su Facebook un post dedicato al grembiule di mia nonna – da me in Ciociaria si chiama “glie zinal”. Uscivamo dal primo lockdown duro, in televisione non si parlava d’altro che di Covid e di come gli anziani, quelli di Bergamo e di Lodi, stessero soffrendo negli ospedali, da soli, senza la possibilità di vedere nessuno. E così non ho potuto non pensare a mia nonna e subito il mio ricordo è andato al suo grembiule. Ne è venuto fuori un piccolo testo che voglio condividere anche sul mio blog. 

Ogni mattina mia nonna indossava il suo grembiule.

Lo faceva soprattutto per proteggere dalle macchie i vestiti, ma poi… serviva anche come presina per togliere la teglia di patate dal forno.

Con il lembo del grembiule asciugava le mie lacrime quando ero bambino e nell’asciugarle ne approfittava per pulire anche il mio faccino sporco di terra e cioccolata.

Il grembiule è stato usato per trasportare le uova dal pollaio oppure gli asparagi selvatici raccolti qua e là.

D’inverno, il grembiule fungeva da soffietto per accendere il fuoco del camino.

A primavera mia nonna lo usava per raccogliere le prime fave e d’estate ci teneva ben stretti i primi pomodori succosi portati in cucina come fossero un tesoro prezioso.

Con l’arrivo dell’autunno, mia nonna usava il grembiule come cestello per raccogliere le ultime mele cadute.

Ormai con qualche buchetto e qualche toppa quel grembiule continua ad essere utilizzato per le sue mansioni. Ligio al dovere per il quale è stato indossato per tanti anni.

Il grembiule di mia nonna non è un oggetto qualsiasi.
E’ un bene prezioso perché è legato alla cucina, ai ricordi e agli affetti più importanti che ognuno riserva ancora nel proprio cuore.