Oggi vi racconto la Befana attesa e festeggiata da mia nonna bambina in un tempo in cui bastavano un mandarino e una cipolla per essere felici.

Dal buco della coperta, mia nonna bambina attendeva l’arrivo della vecchietta. I racconti dei più grandi l’avevano sempre affascinata e così la immaginava sdentata e con il naso grande, una strega coperta di stracci e polvere, con la scopa fatta di fasci di erica e saggina.

Con emozione e paura rimaneva sveglia tutta la notte e sperava di vedere dalla fioca luce della luna il momento preciso del suo arrivo.

 

Per allietare e prolungare la sosta della vecchietta, mia nonna bambina e i suoi fratelli lasciavano sul davanzale della finestra una tazza di caffè e qualche tozzo di pane.

All’alba, stremata, chiudeva gli occhi e si addormentava, perdendo così il momento tanto atteso.

Ai primi rumori della mamma in cucina, mia nonna bambina si svegliava, guardava il davanzale ormai vuoto e felice si alzava per vedere per prima la calza.
A piedi nudi, nel freddo della casa ancora addormentata, mia nonna bambina si avvicinava al camino e con lei anche i suoi fratelli.

La Befana lasciava sempre un’unica calza vecchia e logora.

Al suo interno non c’erano incarti o fiocchi eleganti, e i regali erano avvolti nella carta del pane o in quella di giornale, magari cosparsa da un po’ di cenere lasciata dalle vecchie ed esperte mani della Befana.

Con ansia i bimbi scartavano i regali: aglio, cipolla, patate e qualche mandarino.
A volte c’era anche il carbone (quello vero!) e negli anni migliori le caramelle (zucchero bianco avvolto nella carta).

Una vera delizia in un tempo in cui bastavano un mandarino e una cipolla per essere felici.

Buona Epifania!