La sindrome dell’intestino irritabile, cos’è?

La sindrome dell’intestino irritabile è una malattia piuttosto comune. Ne soffrono tra il 10% e il 20% della popolazione italiana, soprattutto le donne. Si tratta di una malattia ad andamento cronico che può essere tenuta sott’occhio grazie ad una terapia spesso sintomatica, ovvero in base ai sintomi riscontrati nel paziente si definisce un trattamento specifico.

Quali sono i sintomi?

L’intestino diventa “capriccioso”. I sintomi tipici, infatti, sono dolori addominali, meteorismo ed irregolarità intestinale. Chi soffre di questa patologia benigna lamenta spesso pancia gonfia, meteorismo, tensione addominale, stipsi o diarrea, ma anche fiacchezza.

Le possibili cause…

Una causa comune della sindrome dell’intestino irritabile è aver contratto in età infantile o adolescenziale un’enterite infettiva (meglio conosciuta come la “diarrea del viaggiatore”). Tra gli altri fattori scatenanti possono esserci intolleranze o allergie alimentari, alterazioni della microflora batterica intestinale e stress psico-fisici. La diagnosi è clinica e si basa su criteri internazionali che classificano la sindrome in varianti diverse, a seconda del tipo di disturbo prevalente (ad esempio diarrea, stipsi, misto e aspecifico).

Dietro la sindrome dell’intestino irritabile può nascondersi anche una variazione del microbioma, ovvero i miliardi di batteri che popolano l’intestino. Nell’intestino c’è un’altissima presenza di batteri. Nel momento in cui si altera la sua composizione, ovvero la qualità e la quantità delle specie presenti nella flora batterica intestinale, si può alterare anche la regolarità intestinale.

Esiste un legame invisibile fra l’intestino ed il cervello?

La risposta affermativa proviene da uno studio cinese pubblicato sulla rivista scientifica Plos One. I ricercatori hanno identificato in questa sintomatologia un fattore di rischio per il disturbo bipolare. Lo studio ha analizzato un campione di 30mila abitanti di Taiwan su cui è stata riscontrata la sindrome dell’intestino irritabile. Rispetto al gruppo di controllo, in questo insieme di pazienti l’incidenza del disturbo bipolare era maggiore (più del doppio). Pur sottolineando la necessità di ulteriori studi che confermino questi risultati, secondo i ricercatori la sindrome dell’intestino irritabile incrementa il rischio di sviluppare negli anni disturbo maniaco-depressivo con alterazioni dell’umore.

Curare l’intestino partendo dalla tavola

Chi soffre della sindrome dell’intestino irritabile deve seguire un dieta varia e stare lontano dalle abbuffate. Inoltre, deve evitare di mangiare i cibi che, “fermentando”, favoriscono la comparsa dei sintomi. I cibi “no” vanno sotto l’etichetta Fodmap, “Fermentable Oligo-saccharides, Disaccharides, Mono-saccharides and Polyols”, ovvero oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli, micronutrienti dal potere fermentativo. Sono alimenti ricchi di zuccheri che, una volta digeriti, restano nell’intestino richiamando acqua. La loro sovra-fermentazione è ciò che causa i disturbi.

Basta eliminare per 21 giorni i cibi Fodmap per vedere un netto miglioramento della sintomatologia.

 

QUALI CIBI EVITARE:

 

Frutta: mango, anguria, susine, pesche, mele, pere, nashi (o pera-mela);

Frutta secca: pistacchi e anacardi;

Verdura: asparagi, cipolla, aglio, porri, asparagi, barbabietola, cavolo verza, mais dolce, sedano;

Latte e suoi derivati: yogurt, formaggi a pasta molle, crema pasticcera e gelato;

Ancora, legumi, cereali come segale, grano, quindi pane, pasta e biscotti.

Sono da evitare le bevande gassate e zuccherine.

 

QUALI CIBI MANGIARE:

Frutta: banana, arancia, mandarino, uva, melone;

Frutta secca: mandorle (massimo 10 pezzi), semi di zucca;

Verdura: zucchine, lattuga, pomodoro, cetrioli, carote, erba cipollina, fagiolini;

Ancora, carne, pesce, pollo, tofu, formaggi a pasta dura e prodotti caseari senza lattosio; avena riso, quinoa, prodotti senza glutine.

Gli alimenti consigliati comprendono le fibre, seppur in quantità ridotta, e fra queste sono da prediligere le verdure a foglia piccola e con pochi filamenti. Durante la stagione estiva dove la frutta altamente “zuccherina” regna sulle nostre tavole, è molto difficile vietarla completamente. Il mio consiglio è sempre quello di limitare la quantità, consumarla lontano dai pasti o almeno un’ora dopo pranzo o cena e di utilizzare l’estrattore di succo che è un’ottima alternativa.

Vuoi la pancia piatta? Evita i cibi FODMAP

Comincia ad eliminare gli alimenti che “fermentano” per sgonfiare la pancia. Lo dice uno studio australiano guidato dal prof. Enrico Stefano Corazziari presentato all’Expo di Milano e a Washington in occasione della Digestive Disease Week. Dopo un mese di dieta senza questi alimenti Fodmap, nei soggetti analizzati si è registrato il 40% di pancia gonfia in meno. Una percentuale che è salita al 66% dopo 16 mesi. I partecipanti, inoltre, hanno accusato meno dolore addominale. Le persone esaminate erano affette dalla sindrome dell’intestino irritabile ma la dieta può essere consigliata anche a chi ha problemi di pancia gonfia.

Conclusioni

Tutt’oggi resta il fatto che non sappiamo dopo quanto tempo l’organismo di una persona con sindrome dell’intestino irritabile risente, da un punto di vista nutrizionale, di tali diete da eliminazione con cibi ricchi di Fodmap.

Personalmente sconsiglio sempre di seguire cure o diete “fai-da-te” senza aver consultato prima il medico. Del resto, con la dieta agiamo solo sulla sintomatologia ma non sulle cause della patologia. Per questo motivo, è sempre raccomandabile farsi dare precise indicazioni dal medico o dal nutrizionista anche perché dietro questi sintomi potrebbe nascondersi la sensibilità al glutine oppure altre patologie più importanti.